Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981
Altro pensiero: è stata la scoperta, da parte mia, della figura di ciò che Musil definisce appunto andersdenken. Se dunque c'è nel moderno un'immensa produzione mitica che cerca di dominare l'« immenso nuovo» (Flau bert) del moderno, che sembra indescrivibile nel linguag gio della ratio e si presenta quindi come un vero e pro prio « imperialismo del reale» (Blumenberg), c'è anche d'altro canto il tentativo di descrivere questa realtà in termini non mitici, in termini critici: nei termini di un « altro pensiero», che articola appunto Logos e Mythos. La metropoli sfugge alle leggi dell'esattezza, così come sfugge, dice Musil, anche alla « comprensione» mistica. Il mistico, come egli dice, « non resiste nella città». La verità viene al mondo in due mezze verità, incomponibili se non nel linguaggio della figura, che è « a casa fra due mondi», e che dunque può cogliere questa complessità. È il pensiero del Gleichnis che, come già aveva detto Goethe, è sempre figura della caducità». E Benjarnin riba disce : « arcaico sta a moderno come simbolo sta a fi gura (Gleichnis) ». Questo « altro pensiero» è anche, come aveva già detto Musil, « altro sentire»: incorpora cioè le « ra gioni» del corpo, della sensazione, dell'esperienza e della memoria che sono state un'osservazione di Nietzsche prima ancora che di Proust o di Freud. Questo tragitto verso un altro pensiero passa attraverso alcune « sta zioni» che sembrano ripetersi in molti autori, per altro diversi fra loro: l'amore per l'ignobile (Musil), la pro fanazione della parola e del nome (Benjamin, Proust), l'insensato dei folli, degli infanti, degli idioti e degli ani mali (Rilke, Kafka). Sembra prefigurarsi qui una esplo razione di un regno intermedio (Klee) o complementare (Benjamin) che è una fessura che, tra gli assoluti della morte (Mann) e della vita (Hesse), al di là delle filosofie della vita, conduce a quella « assolata striscia di feli- 103
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