Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981
� � > · - · la Realtà, e particolarmente quando essa è così miniatu rizzata e sottile come in questo rapido racconto. L'esistenza dello Scrivano, che non vive, ma c'è in un angolo della stanza, dietro il paravento, ha infatti più forza delle numerose scene « viventi » che ci circondano nel quotidiano. In altri termini è molto più vitale la « morte» di Bartleby ciéllo spettacolo che la « vita» di ogni giorno ci offre. Il bel candore melvilliano, qui . stemperato da una quieta e profonda meditazione, diviene in Bartleby la voce poetica di questa prosa, che di « shakespeariano » ha perso ormai la rigida dinamica morale, un manichei smo calcolabile (che sovente in arte è finalizzato). In Bartleby Io Scrivano ci dimostra l'assenza del con� tinuo conoscitivo: il Muro. Ci guida in silenzio sino alla fine del viaggio, dietro 1a porta d'uscita e li si ferma, docilmente, nell'atrio, da dove viene ritratto con minuzia e amore. E ciò, sino a queste parole: « Il cortile era com pletamente silenzioso. I prigionieri comuni non vi ave vano accesso. Le mura che lo circondavano, d'incredi9i le spessore, lo mettevano al riparo da qualsiasi rumore. Il carattere egi�io di quella architettura mi gravava sul cuore con tutta la sua desolazione. » Sulla soffice erbetta, cresciuta con discrezione nel ventre stesso della Piramide, l'Avvocato avanzò verso il muro. Ai piedi di questo egli vide allora « il consunto Bartleby. Nulla in lui muoveva.» Carlo Cristiano Delforno 218
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