Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981

E questo è proprio, secondo me, il caso di �ad.io . C ' è qualche cosa di veriamente diivino nei ,suoi disegni: qualcosa di perfetto, come è ila forma iper un grande poeta, che dalla verità e da'lla finzione plasma una terza oosa, ,la cui esi­ stenza artefatta ci rapisce. (op. cit., ip. 481) La forma è nominata come sintesi rappresentativa dell'Altro, inaccessibile nella sua distanza. La forma è dunque il segreto operante di quella separazione da cui è sorta l'esigenza stessa del viaggio, la sua qualità di avvenimento di un soggetto. Ma non è fornia assoluta - generativa - piuttosto un fondarsi topologico, un venire ad esistenza di · quel limite interno che ormai si cono­ sce pienamente - oltre la partizione iniziale di nord e di sud, di verità e di menzogna - nel suo essere pro­ dotto nel mondo quale tertium artificiale. In questo ar­ restarsi prima della dialettica, in questo indicare il luogo della soluzione senza mai raggiungerlo, va forse cercata la modalità più soggettiva della riflessione goethiana: quasi una sintesi vuota, intorno a cui però - paradossal­ mente - ruota ogni positività che si voglia effettuale: un disegno dunque che va a coincidere con un destino. Come si rendeva possibile questa equivalenza? Era dunque scritto nel Jibro del destino, a!lila pagina mia, che l 'anI110 1786, aa -sera del 28 ,settembre, aHe cinque! secondo il [lOstro orologio, awei vÌ'sto per la prima volta Venezia - entrando d.aLla Brenta nelle Lagune. (op. cit., p. 496) Il destino è il luogo per cui si toglie il tempo, e si produce la propria temporalità. E' una certezza di pos­ sesso - la pagina mia! - o meglio, una compiuta vo­ lontà di possesso che si afferma nell'esattezza di una forma... grammaticale in questo caso: Goethe scrive - avrei visto. Nella distanza dell'esperienza - trent'anni · dopo il viaggio - nella sovrapposizione di tempi diso­ mogenei - la pagina seguente riprenderà il filo del viag- 189

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