Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981

suno ne conclude. E' l'ambivalenza che lo sospende ad una « stazione» assolutamente paradossale - che Ba­ taille riassume così: «Egli voleva vivere nella sfera, co­ me un escluso» - 8 • Della ripetizione di quel gesto di esitazione («La mia vita è l'esitazione prima della nascita», p. 329 D; «ho sperimentato soltanto l'attesa», p. 326 D.), K. fa la sua vita. Se l'esitazione riguarda un « ancora prima» della na­ scita, l'esitazione può evidentemente riferirsi solo alla na­ scita stessa, se accettarla o meno. Che non è tanto un problema di accettare la vita, che c'è e nessuno la può togliere; ma è un problema di accettazione di sé nella vita. E quel sé si può certamente togliere, qualunque sia giudicato, come K. giudica se stesso, « inetto a vivere». K. si toglie la vita in questo modo: togliendo sé dalla vita. Sospendendo sé ad una esitaziòne che occupa la lunghezza del tempo che gli è dato per vivere, e che egli trasforma nel frattempo di una decisione da prendere. Esitando K. introduce al dramma della decisione ciò che pare semplicemente un dato: sono in vita, dunque sono nato e la vita è in me, ed io · sono in essa. Per K. essere nella vita, in questo elemento estraneo _ è sempre una questione in sospeso. La vita _ è questo Altro che mi ospita. lo dovrei farmi qui una casa: . ma questo elemen­ to è estraneo. Sono domiciliato qui, e tuttavia sono pres­ so un estraneo. K., l'essere minacciato, alza allora la sua barriera e a fronteggiare la minaccia dell'estraneo dispone il tem­ po: ritarda. Si dà una distanza, per ritardare la caduta. Poiché se nel mondo è già caduto, esitando egli rimanda la certificazione di quella caduta. Non riconciliandosi con essa, né volendosi a casa propria in altro da sé, K. non tollera rimedi, non compra alibi, non ricopre la sua pau­ ra. Non supera dandosi casa l'insicurezza della vita: ri­ spetto alla quale non ha ancora deciso se viverla. 167

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=