Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981

Hans: - Stavo solo pensando» (cit. p. 482). Anche se certo «l'interesse di Hans per il fapipì non è soltanto teorico», non può non colpire come le prime parole con cui Freud ci presenta il caso, riguardino il «pensiero». Poco più avanti infatti Freud nota: «La cu­ riosità sessuale del nostro Hans è indubbia; ma essa ne fa anche un indagatore, gli consente di farsi vere e pro­ prie nozioni astratte ». «A 3 . an ni e 9 . mesi Hans vede alla stazione una loco­ motiva da cui esce acqua: - Guarda, la locomotiva fa pi­ pì. Ma dove · ha il fapipì? Dopo un momento aggiunge pensieroso: - Il c an e e il cavallo hanno il fapipì; la tavola e la sedia no. - Ha dunque trovato un elemento essenziale di distinzione tra animato e inanimato» (cit. p. 484). Stavo solo pensando. Interpretare questa risposta co­ me una scusa, una copertura, rischia di banalizzare il nostro rapporto al discorso del paziente. Nello stesso mo­ do in cui a proposito dei sogni di Olga (cfr. Il sogno e la coppia: storia di un caso e dì un destino), ho messo in luce la funzione della denegazione rilevando la differen­ za che si deve prendere in considerazione tra il riconosci­ mento da parte dell'analizzante («sì, la donna del sogno . era mia madre») e ciò che si chiama denegazione (« ma in quest'altro sogno non mi sembrava mia madre», dove erano i particolari secondari, artificiali, posticci, a dirci in quel caso che della inadre si trattava ancora): differen­ za che l'analista non può ignorare senza appiattire, sche. matizzare la . teoria psicoanalitica operando uno schiac­ ciamento sulla clinica. Nello stesso modo la risposta del piccolo Hans non è «interpretabile» come semplice dife­ sa. E questo dovrebbe indurci a chiederci se qualcosa in psicoanalisi è «interpretabile», o se la fecondità della direzione della «cura» non procede per una via diversa, diversa appunto da quella che proprio una nota di Freud al caso del piccolo Hans critica: «per un filosofo della 16

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