Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981

studioso secentesco Marco Aurelio Severino e del suo li­ bro Filosofia degli scacchi, un altro paragone: quello, ap­ punto, con la scacchiera e con il gioco degli scacchi. «Favola - scrive tra l'altro Quondam, sintetizzando le argomentazioni di Severino - significa che il testo con­ quista la sua unità non per la simmetrica disposizione dei suoi segmenti narrativi, del suo ' intreccio ', né per una preliminare delega a statuti precettistici [ ...], quan­ to per la sua aderenza · a processi propri della «mente», per la sua capacità a proporsi come mimesi di essi, del­ la loro . articolazione in" memoria", " intelletto", e" im­ maginativa"»: le facoltà, appunto, che Severino ritiene necessarie sia al giocatore di scacchi che al poeta. Se il labirinto, come osserva Pierre Rosenstiehl nella voce dell'Enciclopedia Einaudi «è il luogo per eccellenza ove si definisce la miopia degli algoritmi, cioè del cal­ colo passo a passo, senza memoria» 14, Severino ha già dato una risposta ante Wteram, ponendo, al contrario, la memoria al primo posto delle facoltà messe in atto dal poiein, dal poetare, ariostesco. Ma qui entra in gioco la molteplicità dei piani narratologici di cui già si dice­ va: sul piano dei personaggi, il cui agire si determina «passo a passo», le situazioni in cui vengono via via coinvolti, e gli esiti così spesso imprevedibili, o addirit­ tura contrari all'assunto, delle proprie 'scelte', sono cer· tamente tali da presentare la scena della avventura come labirinto. Per l'autore, invece - e per il lettore che sia abbastanza· paziente e scaltrito da porsi al suo seguito, evitando la tentazione di identificarsi con i suoi eroi - il vario spostars . i, divergere, ritrovarsi, scontrarsi di que­ sti ultimi obbedisce ad un ordine che appare sempre più rigoroso, o ahneno «regolato», via via che si procede nella lettura e le varie storie «si stringono». E qui il paragone con la scacchiera trionfa. Il nar­ ratore-autore, infatti, non è solo dotato di memoria del passato, non solo sa, anzi «vede . », momento per mo- 140

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