Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981

do luogo a una traslazione entro cui lo spazio ariostesco si costituisce nella sua peculiarità. Qui è anzi, forse, da ricercare una delle più sostanziali differenze strutturali tra il Furioso e l'Innamorato: ri­ correndo a un paragone si potrebbe dire che lo spazio di Boiardo è tutto incluso entro lo sguardo pittorico dei «primitivi», mentre quello ariostesco è' culturalmente e operativamente coevo alla rivoluzione rinascimentale che vide il trionfo della prospettiva e degli effetti illusioni­ stici che questa permette proprio in virtù dei suoi rigo­ rosi calcoli geometrico-matematici. Da qui, tra l'altro, la sensazione di «ingenuità» dell'Innamorato nei rispetti del Furioso: che tuttavia va assunta per quello che è, una classificazione tipologica e non, di per sé, un giudizio di valore. Guidoriccio da Fogliano di Paolo Uccello appa­ re altrettanto«ingenuo», poniamo, di fronte al San Gior­ gio del Carpaccio; ma si tratta sempre, e soltanto, di modi del figurare. 5. Labirinto, o scacchiera? E' un luogo comune della critica paragonare l'Orlan­ do Furioso ad un labirinto. E, più sopra, si è sottolineata la figura del«bivio» come caratterizzante della costru­ zione ariostesca. Il continuo perdersi e ritrovarsi, · la ne­ cessità di un · «filo d'Arianna» che continuamente rian­ nodi le vicende interrotte, i complicati itinerari che il lettore è chiamato a seguire, paiono giustificare l'im­ magine cui del resto sembrano invitare i versi già ricor­ dati del I canto (ottava 23)«Pel bosco Ferraù molto s'av­ volse, / e ritrovossi infine onde si tolse». Un saggio di Amedeo Quondam, «Favola» non « ro­ mansa »: la partita di scacchi del «Furioso» 13 ci sugge­ risce, sulla scorta dell'autore da lui preso in esame, lo 139

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