Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981
Nella casa cinta dalle acque e dalla notte, nell'ultima stanza, resto e custodia di un'abside, tenterà (ripetendo, nel gesto, ciò che è irripetibile, l'«atto d'amore» del fa voloso pellegrino, il«sacrilegio» che il servo, con la sua storia, non può spiegare) di immedesimarsi in ciò che accomuna, nella stessa morte, per divenire essere umano, individuo. Sul muro dell'abside, «nascosto dall'umidità, s'intrave deva un dipinto. Era un volto di fanciulla, gli occhi chiusi, le labbra strette in un'ombra di sorriso». Il principe«guardò l'immagine, alzò una mano {mai gli era accaduto, nel pas,sato, di sentire tanta stanohezza nelle membra)» (150). L'immagine sbiadisce, si dissolve sotto le carezze del prin cipe piangente e per un attimo liberato dalla sua stan chezza («non era più un peso da portare ma un lieve piacere»): nel silenzio dell' avvenimento, nell ' incomuni cabilità dell'umana esperienza del principe, come ogni vera esperienza «distruttiva di sé medesima», sul mi stero del suo compimento il racconto si chiude. L'unicità, l'allontanamento, il potere come passione di«sopravvivenza», che si nutre della morte degli altri e trionfa nella distruzione, fino a mentirsi nella solitu dine - più nulla su cui esercitarsi 10 - fino a perdersi in una fuga tra lè rovine, nella desolazione prodotta dal la sua impostura, da quella pretesa di agire nel nc,me di Dio e per il bene di tutti: anche in un approfondi mento di questi temi, che hanno scabro lucido risalto in scritti di Elias Canetti 11, è maturato il racconto di Ottavio Cecchi. Ma quanto abbiamo appreso appartiene soprattutto alla verità del segno, che non si può condividere con altri discorsi, alla sostanza e allo svolgimento di questa im maginazione, al senso intelligibile, decifrabile del suo 117
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=