Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981

la sua fuga avevano permesso il disastro; al pari dell'igna­ via, che lui, il figlio, . si riconosceva, e che sopportava come un merito (perché per ignavia « non aveva continuato i lavori del vecchio» e non aveva concepito « nuovi sogni della ragione») e come una colpa (perché per .ignavia aveva vissuto come se quei sogni e i lavori e « decidere del bene e del male di quella landa e della gente che l'abi­ tava» e tutto « lo concernesse», e non aveva saputo in­ terrompere quei lavori « per ferma determinazione» e « per sempre»). Ora però il principe col suo viaggio si è addentrato nella povertà, « anche di terra, anche di luoghi in cui · fermarsi - di illusioni»; ora sta nella certezza « di quella • partioolare povertà, che consiste nel ,non riuscire e nel non voler guardare al di là della distruzione e della somma di eternità in cui il caso ci pone attimo per attimo» (83). Ora, in questa povertà, ricorda lo sperpero di futuro - « quel prodigo spendere il niente, il vuoto, ciò che non si ha» - e si dice che ognuno, al posto dei sogni, avreb­ be dovuto mettere « quel min�mo di futuro che ricadeva sul presente e faceva di esiso una somma di tutro O'ete11no e di tutto ill possibi­ le» (101). E pensa, nella distruzione, che bisogna essere, contro la « peggiore barbarie che mai si fosse vista al mondo » (118), quella della sua epoca morente, nella « nuova bar­ barie», che ha ravvisato in uomini silenziosi: « ricomin· ciare con poco, fare con poco, vivere nel momento del bisogno, risparmiare illusioni» (84). Si preparerà a liberarsi della sua unicità, nell'accet­ tazione della sua morte: « Morto come principe, come pevsona, risorgeva come es­ sere umano, come indiividuo» (108). 116

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