Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981

« Erano diventati poveri, e la loro era vera povertà, quella che non si può nascondere e che dovrebbe essere spartita tra tutta ila gente del mondo: la .povertà di illusioni.» (G., 153) Quelli dell'altro testo suscitano qui il pensiero della « necessità di una forma», perché avvertono nella stessa certezza, nella stessa «povertà di illusioni» la possibi­ lità e il dovere di cercare, perché una società, « tutta la gente del mondo», non può confondersi ripetendo che «nulla ha da essere atteso più»: « i.a stessa perdita di significato, � stessa spaccati:ira in frammenti derisori, la stessa rivelazione dell'illusione, lo stes­ so mutar di colore del gestio... manda una società alla deriva, :la sommer.ge in ma r i di disperazione e noia, produce fantasmi, 1larve di idee diffidenti e presto spente come fuochi fatui, re­ stituisce ciascuno alle dimensioni della ,sua concreta impo­ tenza. » (R., 139) Quegli uomini della vera povertà non provano questa disperazione, non sono posseduti dalla noia, non posso­ no essere ridotti a «concreta impotenza». Per sapere l'inganno e la verità, se e come l'uno e l'altra possono essere in una ragione da spartire , lontano dai «sogni», dalle «illusioni», come dal furore dogma­ tico che rinnega il «voler capire», la lettura traccia nel­ la forma uno svolgimento da questo punto - dal pre­ sente - , . e continua di qui a dispiegare il messaggio dei due racconti seguendo, fino al momento di concluderne qualcosa, lo stile dei due viaggi. La malattia che «dissolve» una società «non può cessare nell'inesistente morte». Un uomo, si dice Ros­ sana, può salvarsi da una «assolutezza distruttrice» nel­ la «perpetua notte di sonno»; ma «una società no». Questa non ha il « dono della mortalità». Come un uomo può «perdere la forma di sé»; ma, diversamente da un 109

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