Il piccolo Hans - anno VIII - n. 31 - luglio-settembre 1981
· mutamento». A R. accade di rendere più fondo il suo timore nel concludere che queste intenzioni della società, «se sono diverse, la fanno diversa; e se non sono, non la fanno» (136-138). Ora, mentre il timore prende forme concrete, è come averla davanti agli occhi questa peste: « Troppi ,corpi ·e menti ha trascinato via sul suo fiu me» (137). L'immagine - un elemento dello stile che dicevo - ba somiglianza con ciò che si vede nell'altro racconto: la «terra inondata» e i resti della distruzione sulle ac que o nella crosta qi ghiaccio. Ma, in osservanza del suo dovere e della sua verità, questo stile assume subito termini nudi e crudi - come strappi e frammenti di cose · reali - per diagnosticare la malattia: quel sonno in cui si perde, con tante ragioni dogmatiche, anche la ragione come ricerca di una forma, quel sonno (o cieco ripiega mento o fuga) conciliato e governato da un nuovo dog matismo, da un elemento di «noia», grigio dilagante, dal << riflusso». « Ed è l'indolenzito rancore di ciascuno v·erso il tentativo di pensarsi tutto e fra tutti, di ritrovare un segno, che non sia vitalistico o ansioso di morte, secondo la celebre coppia eros e thanatos, l'atfermazione furiosa dell'i1liceità del voler capire, rcome se .fosse il contrario di vivere, un indebito mu tilarlo.» (137) La peste che sta nella memoria e sotto gli occhi del principe in fuga è una specie di uomini (diversamente generata e allignata nei tempi). Egli la esamina, con chiusa lucida esecrazione, mentre prega il Signore: « Ho conosciuto uomini sicuri e perfetti, li •ho sentiti par lare, li ho visti · all'opera, anohe qui, in questi :luroghi che ora attraverso fuggendo e ho capito che la loro colpa maggiore era l'impostura, la loro pretesa di parlare in tuo nome e nel nome di tutti, qua:lunque fosse '1a loro fode o :la loro inten- 105
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