Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

alle sue !spalle. (L'inclinazione delle facce non lascia dubbi). La luce di Caravaggio non è una meccanica di illuminazione (come in La Tour). E' improvvisa. Svela il senso dell'accadi­ mento che in essa si produce. Da che cosa viene, quella luce? Da:l -sole, dalla luna __.:._ o da ,lanterne o fiaccole? Viene dal­ l'occhio, dal «colpo» dell'occhio. (Come il fulmine che «go­ verna ogni cosa» di cui parla Eraclitò). E' la luce dello �guardo ansioso. La «vocazione» mostra un guardare, non , un apparire. L'immagine pesa sulla tela - come un frammento che torna alla totalità da cui è stato tolto. Il linguaggio delle parole non dice altro che il verbo es·sere. Nomina per dire: è. Il linguaggio per immagini si perde nella folla degli .esistenti. Non dice: «è,,. Mostra tracce elusive. Ma l'occhio ricorda cose che la mente non ha co­ nosciuto. Lo si vede bene al cinema: o.-ispetto alle immagini le pa­ role parlano sempre d'altro. Tendono a evoluire, come una linea decorativà, come un rampicante attorno a una colonna (con -rami che se ne staccano, e ricadono, non più sostenuti). I corpi pesano. E il peso non �i perde nello sguaa.-do. Porre per togliere: è il meccanismo della negazione nel linguaggio delle parole. La pittura non può negare. Può solo non mosta.-are. Ma la cosa non mostrata (non identificata) sprofonda · nella totalità indistinta del non presente. Al buio si può fare tutto - gustare, sentire, toccare, odo­ rare., anche pensare - tranne che vedere. Ma non è forse proprio lì, -in quella specie di abisiso aereo della luce, che cade tutto? Davanti agli occhi? Tutto accade davanti ai nostri occhi. Il pensiero si ripara dietro i nostri occhi. Pietro lo sguardo. (Si ripara mediante lo sguardo e dallo sguardo). 97

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=