Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981
ossessiva, con i suoi procedimenti, raggiunge alla fine un tipo di autoeccitamento osservabile anche negli animali e analogo all'appagamento masochistico. Questi desideri, impulsi, sembrano realizzarsi innan zitutto nei giochi. Nel gioco i malati connettono la pro pria partecipazione al primo manifestarsi coatto degli impulsi. Possiamo dire che l'esperienza del gioco . si lega ad una precisa manifestazione ossessiva, come, più tardi, le procedure ossessive assumono Ùna certa apparenza di gioco (uno di questi malati di nevrosi aveva applicato al suo « dovere di controllo» il vezzeggiativo di « andare a cavalluccio»). Nel libro di Mérei-Binét (1970) possiamo leggere che il gioco non porta all'appagamento di una necessità, ma procura un'attenuazione della tensione: il gioco vi�ne assunto come un valore in sé. Con un certo riserbo ·potrei dire che il procedimento coercitivo è un gioco non vissuto che comporta la diminuzione della ten sione. In seguito gli impulsi provenienti da questi impulsi parziali possono incorporarsi nella vocazione, nell'impie go esercitato; nella stessa malattia, invece, possono co stituire il germe della induzione ossessiva. Il ricordo più antico, forse il primo, di G.: gioca da solo, si annoia e di tanto in tanto chiede alla madre, « mi ami?»: All'età di 4-5 anni gioca, ancora da solo, c01i un'automobilina; rievoca sempre il medesimo stato d'a nimo di fastidio e di noia. Comincia a osservare l'auto mobilina; gli pare che, in un punto, si è screpolato lo smalto rosso. Lo esamina a lungo; considera ciò la prima spinta alla ripetizione ossessiva e variata che, in seguito, diventa, nei suoi sintomi, predominante. Anche la scelta della · professione fu determinata dall'esigenza di guarda re, fissare, indagare. Hermann (1960) dimostra che il malato ossessivo può assumere nei suoi sintomi le abitudini del padre, vale a 81
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