Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

di Descartes. Nel contemplare affascinato l'orrore etico (per i suoi stessi assunti) di una realtà che funzionerebbe e sarebbe reale anche se finta, non vera. Non. meno di Descartes, Freud pone la sua riflessione tra realtà e · verità. E non meno di Descartes parrebbe prescindere dal tempo, a parte ogni · possibile boutade su analisi terminabile e interminabile. Mentre però in De­ scartes l'iniziaie eliminazione del tempo serve a far vuoto per poter produrre un'immagine chiara e semprè più perfettamente visibile della realtà e delle sue funzioni, e se i lapsus della teoria sono ammessi solo come ines­ senziali e in fondo inesistenti, voluti e previsti infatti dal soggetto, e la memoria stessa non ha relazione col tempo solo perché si limita a essere una questione di tecnica, in Freùd invece il prescindere dal tempo - che non mo­ dificherebbe - serve proprio a mettere a nudo la que­ stione della memoria e delle tracce (trovo scritto a màno trecce) dell'inc . onscio. E' la cera, quasi, a divenire tempo, dato di fondo, luogo sostanziale della Storia. O almeno, del racconto del notes magico. Dalla cera cartesiana, che serviva per le statuine dei lucidi e tragici giochi della ragione, · a una cera i · cui graffiti, sempre incerti e in bilico tra la superficie piatta, la cro�ta delle cancellature, e la �pac­ catura, danno una piccola mappa di inconscio. (In en­ trambi i casi, alla fine deve restàFe un freddo sufficiente: se no, la cera si scioglie). Allora ancora, perché questo titolo, perché questi • ? nomi.... 1 Ho l'impressione che Freud, quando con ironia grande racconta in occasione di un altrui anniversario un fatto della propria biografia che è poi... un disturbo di me­ moria sull'Acropoli di Atene, mostri benissimo l'opera­ zione del notes magico. Almeno quanto Descartes rifiuta ogni ipotesi di cancellazione, di perdita, di oblìo. Ma en- 70

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