Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981
ze» e «figure» sono scritte - come leggiamo nella stes sa pagina. Come non ricordare quanto Freud osserva in L'interesse per la psicoanalisi (1913): «Il confronto del sogno con un sistema di scrittura ci apparirà ancora più appropriato che non quello con una lingua. In effetti l'interpretazione di un sogno è perfettamente analoga al la decifrazione di un'antica scrittura ideografica, per esempio dei geroglifici egiziani». Anche qui non è tanto l'identità terminologica che a questo punto si vuole sot- . tolineare, quanto l'uso specifico della categoria di sct# tura nei confronti di quella di lingua, o linguaggio. Ciò che il Narratore, che qui potremmo anche chia mare Proust, si propone per esplicita dichiarazione , con i suoi mezzi, i suoi strumenti - «un'opera d'arte» - � dunque la individuazione di «leggi e idee», «cercan do di pensare». Con la consapevolezza che i fenomeni da lui descritti - gli scarti temporali, l'apparizione im provvisa di un «tempo senza tempo», i rapporti neces sari tra percezione e memoria, tra oblio e reminiscenza, e più in generale quelli che in Contro Sainte-Beuve chiama « i segreti dei sentimenti» (p. 8), non potevano essere da · lui intesi a pieno con il solo esercizio dell'in telligenza. Ma senza alcun rifiuto dell'intelligenza. Al contrario. Infatti - leggiamo ancora nella stessa pagina di Contro Sainte-Beuve - « quest'inferiorità dell'intelligenza tocca tuttavia all'intelligenza stabilirla. Perché se non merita la suprema corona, essa sola è capace di assegnarla. E se non occupa nella gerarchia delle virtù che il secondo posto, solo lei può proclamare che il primo spetta al l'istinto». Non faremo a Proust, a Freud, a noi stessi il torto di tradurre qui ciò che Proust chiama «istinto» con quel complesso sistema dell'apparato psichico che Freud ha chiamato inconscio. Ma è certo, tuttavia, che a quei problemi, a quelle domande, che il Narratore della Re- 61
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