Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981
sono riferire all'inconscìo; a maggior . ragione ritengo si ·possa ipotizzare che: - ciò che vale per l'inconscio possa valere per l'intero apparato psichico. Ma se ciò è vero in generale, tanto più vero si può opinare nel caso spe cifico di Proust · - e del Narratore, che così grande spazio, narrativo e riflessivo insieme dedica, nella Re cherche a temi attinenti a tale funzionamento: la me moria in primo luogo, ma come si è detto, non soltanto la memoria. Sulla memoria proustiana molto si è scritto, collegan dola per lo più alle teorizzazioni del Bergson di Matière et memoire; · e, come appare anche dalle citazioni di Adorno e Lukàcs, in vario · modo alla teoria platonica della reminescenza. Del resto, anche quel finissimo let tore che è Maurice Blanchot (nel suo saggio « L'espe rienza di Proust» in Il libro a venire, Torino, Einaudi, 1969, p. 31) sembra accedere a una tale posizione quando, parlando degli « istanti » vissuti dal narratore « come segni dell'intemporale », commenta: « è la sua verità mi stica, che non vuole· mettere in discussione. · E' la sua fede e la sua religione, così come egli tende a credere che vi sia un mondo di essenze intemporali che l'arte può aiutare a rappresentare ». L'aut�rità di questi critici mi impone una meditata cautela nell'opporre al.la loro tesi una lettura del tutto diversa, che andrebbe suffragata assai più analiticamente di quanto qui non mi è consentito fare, e che avanzerò, pertanto, con una certa rozzezza. La tesi è che, semmai, l'atteggiamento del Narratore nei confronti della memo :. ria si presenta come assai più prossimo a quello del primo grande critico e oppositore della platonica re minescenza, Aristotele. E' cognizione scolastica che, .in contrapposizione al platonico mondo delle idee, Aristotele pose a fonda mento del conoscere la sensibilità; piil specificamente, per quello che qui d interessa, egli elaborò la connes- 47
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