Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

veduta in tutte le loro cose o se la fortuna fosse loro sempre propizià, non andrebbero soggetti ad alcuna su­ perstizione. Ma, poiché essi vengono spesso a trovarsi di fronte a tali difficoltà che non sanno prendere alcuna decisione e poiché il loro smisurato desiderio degli in­ certi beni della fortuna li fa penosamente ondeggiare fra la speranza e il timore, il loro animo è quanto mai incline a credere qualsiasi cosa; quando è preso dal dubbio, esso è facilmente sospinto or qua or là, e tanto più allorché esita in preda alla speranza o al timore, mentre nei momenti di fiducia è pieno di vanità e pre­ sunzione. Credo che nessuno ignori queste cose, benché io sia convinto che la maggior parte degli uomini non conoscano se stessi; nessuno, infatti, che sia vissuto fra gli uomini può non essersi accorto éome per la maggior parte essi siano così ricchi di sapienza, finché le cose vanno bene e ancorché siano ignorantissimi, da ritenersi offesi se qualcuno voglia dar loro consigli; mentre nelle avversità non sanno da che parte voltarsi e implorano consiglio a destra e a sinistra, e non c'è suggerimento · così insulso, così assurdo o inutile ' che essi non se­ guano(...) La paura, dunque, è la causa che origina man­ tiene e favorisce la superstizione (...) Se questa, dunque, è la causa della superstizione, è chiaro che tutti gli uo­ mini sono ad essa naturalmente inclini (...) poiché il volgo non si sotfrae mai al suo stato di miseria, proprio per questo non sta mai a lungo in quiete, e nulla ama più di ciò che è nuovo e che non l'ha ancora deluso... » 6 • · Tutti siamo perciò tendenzialmente superstiziosi, perché tutJi sottoposti alla paura, al pericolo che le cose pos­ sano andar male. Quando vanno bene, la pressione dei timori superstiziosi si allenta. Ma il volgo, essendo in perpetua miseria, proprio per questo - è più superstizioso: è la miseria che funge da elemento scatenante della su­ perstizione, che alimen . ta le religioni(le quali non sono altro, per Spinoza, che superstizioni riconosciute, men- 28

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