Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

proprio come la mia. E le due ma _ ni strisciavano - cie­ che - una verso l'altra. La curiosità insoddisfatta venne meno, repente. E non vi fu in me che il terrore. Intuivo che una sola di quelle mani m'apparteneva e la sentivo avventurarsi in qualcosa d'irreparabile» 4. Analogament� al mignolo tagliato dell'« uomo dei lupi», anche la mano che - si rriuove nel buio è perturbante. Questi episodi al­ largano la sfera dell'Unheimlich sino alla molteplicità del quotidiano. Il perturbante è trasmesso inoltre dal pensiero della caducità. Non ci turba il 'semplice ' fatto che la vita è breve e la morte si avvicina a grandi passi. Il turbamento · nasce da un conflitto di credenze. Noi non riusciamo mai a credere a pieno (come afferma ripetutamente Freud, ad esempio nelle Considerazioni attuali sulla guerra e· la morte e nella lezione 31 della introduzione alla psi­ coanalisi) alla nostra morte. Nulla di più evidente in termini razionali del sillogismo: « Tutti gli uomini sono mortali, / Socrate è uomo, / dunque Socrate è mor­ tale». Socrate, sì, gli altri sì, ma io? Il credere razionale alla mia inevitabile morte si scontra con una più antica convinzione, mai completamente scomparsa, quella pro­ pagata da un Es che non conosce né la negazione, né la contraddizione, né il tempo. · Questo non credere alla pro­ pria morte, all'irrapresentabile, spiega - per Freud anche le azioni più 'nobili ', come l'eroismo in guerra. Se­ condo le parole di un drammaturgo viennese, il sol­ dato che va all'assalto sa molto bene che potrà essere ucciso, ma pensa anche che « niente ti può succedere». Non si può dunque credere interamente alla morte, so­ prattutto nei momenti di pericolo. 4. Ancora: il perturbante si annida nella psicopatologia della vita quotidiana, nelle piccole nevrosi da cui nes­ suno è esente, anche se diventa macroscopico nelle forme patologiche. Nel Caso clinico dell'uomo dei topi Freud 25

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