Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

nioso e senza la benché minima difficoltà compii, pro­ gressivamente, una grande trasformazione. Fu un espe­ rienza luminosa e se avessi avuto più coraggio mi avrebbe aperto porte chiusé alla mia conoscenza. Ma... al primo impatto · vacillai, ebbi paura, persi il nuovo equilibrio, e la vertigine della solitudine mi fece ritornare a quel­ l'individuo che ero prima dell'incontro con l'animale. Sì... ebbi paura e vergogna.. una dolorosa vergogna mi impedì di vantare la mia esperienza... In realtà do troppa importanza all'uomo e anche il più coglione tra essi se mai dovesse pensare qualcosa di sgradevole nei miei confronti, per me, sarebbe terribile. Eppure.. Era stata la necessità che in quel determinato mo­ mento della mia vita mi aveva spinto ad esprimermi in qualcosa e se l'esperienza era finita male voleva dire che ero meritevole di tale fine. E _ se la cosa era quella non poteva essere altra. . Era la mia di quel momento. Cosa · meritavo: una rana. Esser vissuto durante tutti questi interminabili anni per poi finire per imitare rane, via, forse non ne vale la pena. Forse se fossi vissuto meno, o meno bene, mi sarebbe -toccato il -rospo, il topo, o la cavalletta... Per imitare invece il delfino, il cane, il gatto, · l'uomo, la vita in me avrebbe dovuto essere così densa... a fior di pelle... da consentirmi di riempire ogni porzione del modello. Ma io ero all'altezza d'una rana: me ne resi conto subito. Dunque in quell'arco io _ sapevo di non poter perdere poiché intuivo che non avrei mai vinto. Fu questa certezza, solida come un diamante, a fornirmi le forze per compiere i primi esercizi. Specie il balzo. Tutti estremamente faticosf per un vecchio cit­ tadino. Dopo circa una settimana, balzavo benissimo da un mobile all'altro e sarei balzato assai di più, e meglio, se il tempo non si fosse accorciato. 109

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