Il piccolo Hans - anno VIII - n. 30 - aprile-giugno 1981

turbarsi e rimase accanto a me senza mutare - di­ ciamo - linea di condotta che, per una . creaturina così, giudicai abbastanza eccezionale. Decìsi di catturarla. L'erba era ben tosata ed essa non poté nascondersi da nessuna parte durante la fuga che fu timida, appena accennata... Ebbi addirittura la sensazione che non le importasse nulla di farsi cattu­ rare. O forse, in fondo, cercava uh padrone, un tetto, un cuore, un focolaio... Insomma, fece qualche balzo eppoi si lasciò prendere. Era il meno che potesse fare, altri­ menti mi sarei quasi insospettito. Invece fece la sua fughina: quel poco per farsi prendere, quel tanto per - farsi desidera . re. In casa dovetti fare attenzione a Lina, la donna che ogni tanto veniva per le pulizie. Se avesse scorto la rana si sarebbe lagnata. Non lavorava già abbastanza? Vo­ levo irritarla? , Stancarla? Non ero più contento di lei? No, meglio evitare. Attesi che Lina uscisse eppoi mi oc­ cupai - della mia prigioniera. Misi una bacinella sulla tavola, quelle di plastica colorata, col bordo basso. La riempii d'acqua. I vermi glieli avrei dati d6po. Misi la tavola al centro della cucina e accesi la luce. Erano decine e decine d'anni che non vedevo più una rana da vicino. Forse da vicino , così non ne avevo mai viste. Anche se un po' lubrico il suo corpicinò mi sembrò dav­ vero meraviglioso, carico di dovizia nei colori e nelle armonie delle forme. Le zampine erano dei veri capo­ lavori, energiche e delicate, resistenti e fragili. Eravamo soli in quella casa. Lei ed io. Soli in quella stanza. Soli e differenti ad un tal punto che la nozione differenza non ha evidentemente più alcun significato. (Più pic­ cola è la differenza, più importanza a,ssume il termine). A parte la grossolana (e anche qui questo aggettivo è assurdo) diversità formale se esisteva un'altra di ben nota importanza: io ero cosciente d'essere in compagnia di un animale, ma ques�o al massimo poteva supporre 107

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