Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981
Torniamo all'operetta in questione: Ercole e Atlante, riapparendo dietro il cumulo di citazioni, si domandano come poter risvegliare la ·terra: il mondo della mitologia è sospinto dentro la dimensione grottesca che Ercole gli offre. I miti si banalizzano, si svuotano di ogni simboli cità e solennità nell'impertinenza di questo enfant terri ble dell'Olimpo: il sole, !le stelle, le costellazioni, le Ore, Giove e Fetonte, Andromeda e Callisto sono trascinati fuori dal mito, consegnati àd una familiarizzazione bur lesca. I dialoghi di Luciano sorvegliano 1'operazione di scrittura. J.l cosmo è miniaturizzato: in esso la terra può ben sopportare di volare leggera e di ruzzolare. Il gigan tismo di Er,cole e Atlante ha tratti di finzione rabelai siana. La d_istanza deHa . terra, la sua riduzione a oggetto rotolante nel cosmo e rimbalzante tra le mani dei due giganti, perde il risvolto gnomico che ad apertura di scena era pur presen;e. Il gioco si fa puro. L'allusività è rimossa. Il ' carnevalesco ' prende il campo. La dissacra zione farsesca dell'umanesimo, che costituiva il piano me ditativo della prima parte, ora ha lasciato il posto alla esibizione teatrale dei due personaggi, alle lÒro spaval derie. Il piacere della scrittura teatrale ha cancellato la meditazione sulla provvisorietà e · insignificanza della terra. La scena risuona deHa gratuità del riso: la cosmi comica non pretende a nessuna funzione parenetica. Ma nel finale, quando Ercole rispolvera una citazjone da Ora zio, ammesso nell'Olimpo « come poeta di corte ad istan za di Augusto», dietro la farsa spunta la riflessione: « Questo poeta v� canticchiando certe sue canzonette, e fra l'altre una dove dice che l'uomo giusto non si muove se ben cade il mondo. . Crederò che oggi tutti gli uomini siano giusti, perché il mondo è caduto, e niuno s'è mosso». L'ironia della citazione si trasforma nell'ironia dello sguardo sulla condizìone umana: uno sguardo che, per non esser da meno della fonte, ha i tratti moraleg gianti della satira oraziana. Ma il piacere della citazione, 92
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