Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981

Se ci �ivo1giamo al passato, come fa Foucault, t, rovia­ mo che i secoli passati non sono peggiori dei nostri. E' innegabile che sino a qualche tempo fa la poesia era soggetta a misteriose penalità. Gli s1essi che oggi si sbr , acciano, ier,i erano severi censori: oggi hanno cam­ biato « idea». Ma ci muoviamo pur sempre in un ambito post catto­ lico, dove la storia comincia da Mallarmé e termina con Marinetti. La pigrizia mentale spesso dipende dalla repressione culturale, politica, in senso lato: mancanza del fantastico significa anche mancanza di fantasia. La « cultura» precedente, in fondo, ha assolto il suo compito: la trasmissione, cioè, di 'IID senso di risentimen­ to, o se vogliamo, di castrazione. Il senso di questo discorso sta in questo: esiste un -rapporto fra cultura e poesia? Penso di sì, anche se è presente il pericolo di ridurre , lo slancio poetico ad una lista bibliografica. E il pericolo inverso: di vedere la poe­ sia ridotta a voce isterica, a voce del padrone, come si suol dire. Pensare (e quindi, forse, inventare scrittura poetica) non è un esercizio naturale. Su questo sono tutti d'ac­ cordo. Pensare e inventare dipende dalle forze che si impa­ droniscono del pensiero, ovvero dalla loro liberazione, ma in senso di una trasgressione e di 'll[IJ:a trasparenza che ha poco a che fare con lo spontaneismo. Se il nostro pensiero è dominato da forze reattive, se deve fronteggiare colpe e risentimenti, bisogna ricono- _ . scere che i frutti saranno aspri e contrastanti. Il pensiero è un evento, una illuminazione, un di­ staccarsi temporaneamente dai materiali che costituisco­ no la nostra cultura: esercita una specie di violenza, che deve essere sempre riequilibrata; ma probabilmente non 222

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