Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981

re» la Poesia. Riusciamo ancora ad incontrare Omero, e ad avvertirlo come una cosa straordinaria. L'umanità non ha saputo elaborare nessuna teonica per conservare le sue invenzioni. Anzi aocade questo: che invenzioni ec­ cezionali, avvertite come tali fino al momento prima del­ la loro messa a punto, vengono subito dopo assimilate alla natura, considerate perfettamente ovvie e banali. Chi è che si accorge oggi che è stata inventata la lam­ padina, l'automobile, il telefono? Ortega y Gasset ha de­ scritto bene questa «rottura della solidarietà» com gli oggetti inventati. Di qui discende l'incapacità di custo­ dirli, di conservarli. Di qui discende anche, forse, la poca considerazione per chi li ha fatti o li sa fare. O far fun­ zionare. Di qui, ancora, il riconoscimento sacrale imputato in càpo al Poeta. Roma, 1980. «Ma guarda un po' chi parla. Parli tu · che scrivi sui giornali, appari in Televisione». Lo so che mi si può fare ,questo rilievo. So anche di meritarlo. Ho avuto una nascita sfortunata. La mia vo­ cazione vera era quella del burocrate (non a cas0 l'ho fatto). Del lavoro anonimo, prosaico, lentamente ma ir­ resistibilmente produttivo di qualcosa. Ho sempre a mente quella vignetta di Novello (Il Signore di buona famiglia) che si intitola «La potenza della vocazione». Rappresenta un giovane che si tiene la testa fra le ma­ ni, alla luce di una lucerna. E Ja didascalia: «Il giova­ netto, avviato dal padre organista allo studio della mu­ sica, s'alza furtivo di notte tempo per darsi ai suoi p:.e­ diletti studi di ragioneria». Avrei voluto essere quel civilissimo giovanetto. Ci sono riuscito solo in parte. Poi ha prevalso la parte peg­ giore. Quella che vuole il riconoscimento, la «firma», la notorietà se capita. E quando scrivevo il ricorso al Con­ siglio - di Stato, quando stendevo il mio inappuntabile 203

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=