Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981

persona. La loro vanità, più o meno astutamente na­ scosta, è insopportabile. Ed è il caso migliore. Ritengo che, nel privato, Giacomo Leopardi fosse proprio quel­ l'essere prossimo allo spregevole descritto da Antonio Ranieri in Sette anni di sodalizio (Garzanti, 1979). Mi sorprende la so:r;presa indignata di Arbasino e di Ce­ ronetti. Ma come? Trattare così quel Grande Poeta. Dire che mangiava i gelati! Ma che mascalzone quel Ranieri! Ma certo che Leopardi era avido di gelati (vulgo: so11betti), nonché meschino invidioso rabbioso. Ma se su questi vizi è nato il fiore (che il deserto consola) della Ginestra, mi sta benissimo. Anzi me l'aspetto. Anzi ci faccio fermo affidamento. « Vizi privati, pubbli­ che virtù». Non fidatevi degli astemi, diceva Umberto Calosso. Guardate Hitler e Mussolini. Sono sempre pre­ sentati come uomini esemplari, che non toccano una goccia di vino. E Komeini è un santo. Però, mentre il poeta vuole sia riconosciuto questo carattere produttivo del suo lavoro (e non faccio 11cs­ suna fatica a riconoscerlo con entusiasmo) trova banale il lavoro produttivo degli altri. Ora, io amo la poesia. Le poesie. Ma amo anche mol­ ti prodotti del lavoro - alienante ,quanto vi pare - dei ragionieri degli ingegneri e perfino dei faccendieri. Amo la automobile, la possibilità di compraTsi Il Flauto Magico in tre cassette (e di sentirselo - orrore! - an­ dando in macchina). Amo la pillola, la diffusione delle docce e l'iniezione t:runcware: quella che consente al dentista di ,addçmnentarti la guancia e di fare quello che gli pare con i tuoi denti: ai miei tempi, . che molti « poe­ ti» Timpiangono, si faceva dentista chi aveva i bicipiti più forti. I denti te H strappavano di bocca con la vio­ lenza. Dov'è il privilegio del poeta in tutto questo? Eccolo: L'umanità ha elaborato delle tecniche per « conserva- 202

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