Il piccolo Hans - anno VIII - n. 29 - gennaio-marzo 1981
l'evento luttuoso non si è ancora manifestato; né alla fine, quando · ogni ostaco�o è superato. Ma con una nega zione ancora p1ù -incisiva l'amore è tenuto fuori scena: nel senso cioè che là scena ne manifesta ripetutamente e pieIJ.amente la piancànza; facendo, proprio , di questa · mancanza, quadro scenico, ,rappresentazione. La sola rap presentazione che realmente �i veda. Quando Admeto giura ad Alcesti che dopo la morte di lei non si rispo serà, dice: « Il corpo tuo da mano sapiente / di artefici effigiato nel mio letto / poserà steso, e prono sui ginoc chi/ lo avvolgerò con le mie braccia, e il tuo nome / io , chiamerò, e mi parrà di averla / con me al mio petto la donna che amo, i anche se non l'avrò più. E di gelo/ mi saprà quel piacere.» (pp. 403-4) Del piacere, in questo modo, conosciamo il gelo. Nel finale, Admeto non rico nosce Alcesti, che è velata; e anche quando il dio le toglie il velo, la sua presenza rimane offuscata: non può par lare - segno scenico muto, quindi massimamente ac- . centato - per il vincolo che fa lega agli inferi. Admeto le fa varcare la soglia della reggia tenendola per mano; ma quella soglia lo spettatore non può varcarla e vedere la vita che di là da essa si svolge, perché il dramma finisce precisamente nell'istante in cui è di nuovo in scena l'amore. Che viene perciò sempre a configurarsi come un prima o un dopo: un evento privo di tempo proprio, sempre correlato a , un altro. Que$ta sembra essere la legge che ne governa la rappresentabilità. Se l'ipotesi · che faccio è corretta; se la conven zione rappresentativa pone l'amore come evento privo di posizione temporale propria nella fabula tragica; mai assoluto, come assoluta è, per esem pio, la presenza del dio in scena, ma è sem pre relativo a un altro, di cui svolge il prima, o il dopo; se questa è la sua particolarità figurativa, è evi dente che, nella tragedia, il nèsso fomminile-amore si of fre in una formulazione già codificata, che coincide col 135
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