Il piccolo Hans - VII - n. 28 - ottobre-dicembre 1980

sono trovare un inquadramento teorico che ci consente una lettura nuova, più fascinosa e complessa, di quanto non siamo abituati a dare della Scuola di Budapest. Per questo, quella che oggi voglio offrire come introdu­ zione a questa possibile nuova lettura, e alla lettura di questo numero del Piccolo Hans, vuole stimolare la ri­ flessione sui seminari scorsi e su quello attuale, e propor­ re così, non delle soluzioni, ma una serie di quesiti al lettore e a noi stessi, che sottolineano una volta di più quale legame difficile, complesso, creativo anche, mai schematizzabile e liquidabile, esista tra quanto la teoria produce e la clinica rivela, per la psicoanalisi. 1. Se la domanda di Jacques Lacan nel 1954, quale è oggi la questione fondamentale per la psicoanalisi, ri­ chiama la sua attenzione al « tempo logico» (« la funzio­ ne del tempo nella strutturazione del soggetto»), l'inte­ resse occasionale, contingente, legato al caso e alle cir­ costanze, di Freud nel 1914, illumina, nel dissenso con Adler e Jung, la questione dei nessi: sia esso il nesso tra fantasie e riferimenti reali, sia esso quello fondamen­ tale tra « inconscio e sistema», in contrapposizione ad Adler che « ha dimostrato sin dall'inizio di non avere alcuna capacità di intendere la rimozione», se nel « suo libro sul carattere nervoso l'inconscio interviene ancora come una particolarità psicologica, priva però di ogni nesso con il sistema» (cfr. Freud, Storia del movimento psicoanalitico), l'attenzione ai nessi riguarda sin dal­ l'inizio della sua ricerca per Freud una dimensione strut- turale spaziale. Due modalità differenti di scoperta teorica, ciò che è importante, ciò che è occasionale, segnano forse due vie quella del destino e quella del disegno, appunto, che nella Lettera rubata vengono scambiati sì che nella ripe­ tizione di una citazione leggiamo « ' destin» invece di « dessein», un disegno, di cui non può sfuggirci la cormo- 7

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