Il piccolo Hans - VII - n. 28 - ottobre-dicembre 1980

attivato quando queste condizioni mutano. Una volta attivato, continua il comportamento di avvicinamento, con un'appropriata correzione secondo lo scopo, finché il bambino è di nuovo in vista o in contatto con la ma­ drè, e a questo punto il sistema cessa di essere attivo (p. 305). Su questo punto, ci sembra, la differenza tra le due concezìoni si delinea più chiaramente. In Hermann il bisogno primario della prossimit� corporea, quello di unione con la madre, derivano dall'istinto di aggrappa­ mento. Né il riconoscimento della distanza e dell'allonta­ namento, né la sua tolleranza, sono facoltà innate nel­ l'uomo, ma il risultato di una lunga evoluzione. Bowlby considera il bisogno di prossimità come un modello istintuale innato, ma tale da dispiegarsi soltan­ to qualche mese dopo la nascita, perché « nell'uomo il piccolo diviene consapevole della madre solo assai len­ tamente, e che solo do�o aver conquistato la capacità di spostarsi ne cerca la compagnia» (p. 244). Al contrario, secondo Hermann « il ' passo decisivo sulla · strada dello sviluppo viene compiuto solo quando la relazione di te­ nerezza trascurando ogni contatto fisico, si esercita a di­ stanza. E' questa, indubbiamente, una caratteristica spe­ cifica dell'amore umano» (p. 285). In Hermann dunque il punto di partenza, l'inizio, è l'aggrappamento; il ter­ mine, il carattere specificamente umano, è la presenza che si esercita a distanza. I materiali raccolti dallo stesso Bowlby, contribui­ scono, secondo noi, a dimostrare - la forza dell'istinto di aggrappamento. D'altronde egli stesso osserva che il pianto del bambino non si placa se non tra le braccia ma­ terne, e sottolinea che solo il contatto corporeo possiede la virtù di far cessare veramente la paura del pericolo. Anche le esperienze cliniche della psicoanalisi vengo­ no a sostegno di questa tesi. Le osservazioni di Ferenczi (1931) e di M. Balint (1934) sull'esigenza di contatto 50

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