Il piccolo Hans - VII - n. 28 - ottobre-dicembre 1980

todo dt biologia comparata, di cui Nicolas Abraham sot­ tolinea ed espone giustamente il carattere multidiscipli­ nare nella sua introduzione a L'istinto filiale. E' impor­ tante ricordare però che in Hermann il punto di partenza, la base di riferimento, è sempre l'esperienza analitica. Egli non cambia la via regia del metodo analitico con la via servilis, come osserva Schwanenberg (1975) a propo­ sito del procedimento di Bowlby, sebbene quest'ultimo attribuisca una grande importanza all'osservazione diret- ta del bambino. · La sindrome di aggrappamento. L'istinto di aggrappa­ mento che occupa nella scimmia un posto primordiale, sia durante l'infanzia che nel resto della vita, è presente anche nell'Uomo, il più evoluto dei Primati. Ma, poiché l'uomo ha perduto il suo pelo e allo stesso modo i suoi piedi si sono trasformati fino al punto di essere incapaci di aggrappamento, tale istinto nell'uomo è destinato fin dal principio a restare insoddisfatto, a subire frustrazio­ ni e a manifestarsi per vie traverse. Secondo Hermann non abbiamo ragione di supporre che nel corso della fi­ logenesi questo istinto si sia ind<!bolito o sia scomparso solo perché nel corso dell'evoluzione la perdita di pelo delle scimmie è avvenuta gradualmente. Le difficoltà di aggrappamento osservate nel piccolo scimpanzè, di cui tra gli altri parla Lawick-Goodall (1971), devono essere attribuite precisamente alla scarsa pelosità del ventre della femmina. I fatti che indicano che il piccolo dell'uomo viene al mondo con un istinto d'aggrappamento frustrato sono assai numerosi e svariati. La posizione delle braccia e del­ le mani del lattante durante il sonno ; il modo in cui i bambini succhiano il dito, toccando qualche oggetto o appoggiandosi a qualche cosa come il palato, il naso, ecc. Questo fenomeno è conforme ai dati neurologici, poiché sappiamo che la mano e la bocca sono due termini di un sistema strettamente solidale. Ciò permette di compren- 39

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