Il piccolo Hans - VII - n. 28 - ottobre-dicembre 1980

ricerca di un benessere e che egli vede in correlazione con un adattamento alla realtà. Direzione di una lettura di Lacan che mette in risalto una distanza tra la sua teoria e la teoria della psicoanalisi vincente del dopo Freud. Ma più sottile di questa differenza che potrebbe ri­ guardare soprattutto gli sviluppi, o i deterioramenti, del­ la psicoanalisi americana, mi sembra oggi interessante un . altro confronto, che è quello che mi si affaccia ora tra Lacan e la scuola ungherese. Potrei dire Ferenczi, posso dire . Hermann. · Lacan ha senza dubbio compiuto un'opzione per la forma temporale e in qualche modo il tempo logico si lega, per il suo carattere di precipitazione e di catastrofi­ smo, alla dimensione della jouissance. Ma si può dire che ha anche così facendo gettato per tutti quanti nell'essere seguaci . decidono di non dire mai una parola di più di colui che seguono, cioè di non scostarsi, di non differen­ ziarsi da lui, un interdetto sull'altra forma, la forma spa­ zio. L'inconscio è ciò che « appare nella pulsazione tem­ porale » 9 e tutti i modelli adottati per rappresentarlo spa­ zialmente - la nasse, le huit interieur, e soprattutto la · bande de Moebius - offrono l'immagine di un interne che si prolunga nell'esterno, di un diritto che continua il suo rovescio. Lo spazio è così ridotto a configurazione puram�nte immaginaria, campo degli effetti ingannevoli del miroir e del fantasma, due nozioni psicoanalitiche di cui Lacan dice che non hanno peso per la clinica 10 dove gli effetti di verità sono prodotti a sorpresa dai contraccolpi dell'intervento del fattore tempo, nell'insistenza . ripetiti­ va, nel transfert, nell'interpretazione. In tal modo è ìl tempo a prodursi come esteriorità, acting out. Ciò che viene in mente è l'incursione lacerante di una· dimensione verticale che incarna la verità di un annuncio, di un Ke­ rigma, nella puntualità dell'istante, di un tempo-ora. Ki­ erkegaard, Bultn;iann, . Oscar Cullmann. Per questo la 206

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