Il piccolo Hans - VII - n. 28 - ottobre-dicembre 1980

prendere freddo, ecc. Poi aggiunge che i medici non sono riusciti a mettersi d'accordo per dire esattamente quello .che ha suo figlio. Quindi è la madre che mi parla delle proprie angosce e palpitazioni che la tormentano da ven­ t'anni. Quanto a suo figlio, era già stato constatato, per quanto lei ne sapeva, che il suo livello mentale è quello di un bambino di dieci anni, e che si comporta di con­ seguenza. Finiscono col chiedermi se è necessario che il figlio continui il trattamento. Siccome rispondo che è il malato che deve decidere, il figlio dichiara con voce assai risoluta, che intende pro­ seguire il trattamento. Una settimana dopo racconta che ha avuto una di­ scussione con suo padre che gli ha chiesto « dove le impari certe cose?»; poi aggiunge « è sicuramente per­ ché io vengo qui, perché lei mi indurisce, che io non ten­ go più tanto ai miei genitori-». Durante l'ultima seduta del mese mi dice, inaspettata­ mente: « ho paura che lei un giorno mi mandi via ». Poco tempo dopo, ricevo una cartolina in cui mi dice che deve sospendere le sedute per ragioni economiche. I genitori gli hanno impedito di proseguire la . terapia, perché nel giro di pochissimo tempo si sono resi conto del cambiamento, di una sorta di rafforzamento dell'io, di una certa tendenza del figlio all'indipendenza. Voglio­ no evitare la separazione e pretendono di conservare la dipendenza affettiva che corrisponde all'età della pre­ pubertà. Non c'è dunque da stupirsi se la madre ha tro­ vato del tutto soddisfacente la: diagnosi precedente, se­ condo la quale il livello mentale del figlio era qµello di un bambino di dieci anni. La coppia diede l'impressione che tra loro vi fosse intesa in ciò che concerne il controllo esercitato sul figlio; quanto al ragazzo, avrebbe desiderato liberarsi dall'influenza dei genitori che gli impongono disciplina 191

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