Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

Risulta quanto mai opportuno, in un momento in cui Virginia Woolf viene scoperta e rilanciata �n Italia quasi unicamente nella sua veste di scrittrice e di « femmini­ sta», illuminare questo retrofondo teorico, comune a tutti i membri del «gruppo». Il rischio è infatti che la · ricezione, in Iitalia, dell'opera complessiva di questo in­ sieme di intellettuali londinesi tra le due guerre sia vista in un ottica deformata, :meramente leueraria; con la con­ seguenza possibile di mettere in movimento un mecca­ nismo di controreazione, un cui esempio palese è rap­ pres·entato dall'articolo, che francamente non possiamo non definire «denigratorio», di Barbara Arnett Mel­ ohiori, « Troppo amore per la Woolf» («Rinascita», 23 maggio 1980) nel quale, addirittura, la grande scrit­ trice inglese viene !riavvicinata alla signora Margaret Thatcher, _ mentre yiene ripetuta la tradizionale accusa di snobismo. Ohe Bloomsbury sia stata « urtante» nei confronti della oultura vittoriana ed edoardiana è certamente un fatto, come è ùn fatto che l'analitica di un Moore, e so­ prattutto di un Wittgenstein, abbia urtato una certa consolidata modalità del filosofare in base a più o meno « organiche» concezioni del inondo. Ma Gargani, avvi­ cinando Wi1 ttgens,tein a Freud, ci offre forse un indizio sulle cause reali di tale shock, e delle molteplici difese messe in atto. Anche Freud non era certo estraneo, sia pure ' forse più come « interesse» che come approfondita comprensione del suo pensiero, dal lavorio del « gruppo di Bloomsbury». Un altro « ponte», come si vede, tra Vienna e Londra, negli anni venti e trenta. Mario Spinella 218

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