Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

dità della « filosofia classica tedesca. « Era un umane· simo intellettuale che dava sui nervi a tutte le tendenze precedenti della politica della cultura. Tuttavia in tutte queste linee vi �ra qualcosa di comune: la cultura dove­ va agire come Bildung sociale. Era l'elemento idealistico rintracciabile in tutti i protagonisti che ho ricordato, quello, infine, che rendeva possibile la loI'o competiti­ vità. Un caso diverso fu invece quello che trasformava il tema della politicità della cultura nel tema dell'ag­ giornamento culturale, dell'uso degli strumenti che ve­ nivano apprestati dalle tecniche di avanguardia, o da quelle che parevano le tecniche di avanguardia. Fu un fenomeno prevalentemente univeI'sitario e politicamen­ te di « terza forza». Da tutto questo panorama ciò che pare completa­ mente assente è una cultura interna al partito operaio della e per la transizione al socialismo. Non dico che non fosse presente il tema, ma quale era il livello di linguaggio.? Non era certamente quello dell'analisi. La tiadizione marxista, da Marx stesso all'ultimo Engels fino a Lenin (che prima o poi bisognerà cominciare a leggere senza il controluce di Stalin), comprendendo tut­ te le posizioni anche fortemente polemiche tra loro di Bemstein, Kautsky, Rosa Luxemburg, Hilferding: ha proprio questa caratteristica. Sono analisi teoriche che nascono sul terreno di un « problema dato»: quello del­ la trasformazione socialista. Perry Andernon nel suo li­ bro sul Marxismo qccidentale ha visto molto bene questo problema. Del resto ogni lavoro culturale avviene su un « problema dato», la cosa poi è del tutto ovvia per i campi scientifici. In · questo senso il sapeI'e della tradi­ zione marxista non è affatto una filosofia, ma un insie­ me di contributi, competitivi tra loro, che nascono nel perimetro del « problema dato» della transizione. Naturalmente i « problemi dati» non sono sempre gli stessi. Nel campo , scientifico peI1ché .la nascita e la 212

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