Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980
tura è sempre molto gradevole. Alle persone di una certa età sono libri che concedono molto anche al ri cordare che « , le cose andarono proprio così». Questa tuttavia dovrebbe essere una ragione di profondo so spetto. In ogni caso nel libro ho trovato sol.o un errore di fatto di una certa impoliianza. A Banfi si attribuisce una frequentazione mtellettuale con la scuola di Fran coforte. Cosa completamente ,sbagliata: non ho mai sen tito Banfi nominare la scuola di Francoforte. E quando uscì la traduzione italiana di Minima moralia a cura di Renato Solmi, Banfi ne parlava come di una filosofia della crisi, intendendo dire che è una critica del modo di vita sociale capitalistico compiuta ·in uno ,spazio in tellettuale senza indicare le componenti storiche del conflitto. Comunque H libro di Ajello consente qualche riflessione di ordine ,generale. E' esistita una cultura che ha pensato che la socie tà italiana nel dopoguerra stes,se già marciando verso una svolta socialista di cui la Resistenza era l'inizio: una storia sentimentale e immagiDcaria. Ma su questa ipotesi, nasceva il problema di dotare questa società in fieri dei migliori prodotti culturali, sicuri come si era che il sapere, la conoscenza; sono di per sé elementi positivi che non possono che aiutare e favorire una trasformazione sociale. Anzi il segno della cultura è già segno di trasformazione e quindi segno positivo di una politica. . Era la pedagogia illuminista del Poli tecnico. C'è stata una cultura che ha pensato che il partito politico fosse la fi gur a , storica che aveva l'autorità im manente per tracciare il lavoro culturale, e ohe doveva farlo perché sarebbe ,stato un fattore rilevante di coe sione del partito stesso nella lunga guerra di posizione che ,era ,già chiara al momento della « sv,olta » di Saler no perché erano note le contestualizzazioni politiche internazionali dove l'Italia si trovava a ruotare come 210
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