Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

rizio, sulla piazzetta, dinaruii alla Basilica la qual cupola ad ogni ora del 1 tempo rifletteva gli umori - del cielo (che altro, del resto, avrebbe potuto riflettere?): di notte, se le 1stelle vibravano, era color argento, argento vivo; e di giorno, ·se pioveva, diventava nera ·e lucida come la pelle d'una foca. . Lo trovavo sempre, verso sera, nella luce soffusa del­ la tave r na, •seduto al tavolo d'abete, spesso , e lustro cli sporcizia, vino e cera. Lui mi parlava, sempre. E cosa diceva per me aveva assai meno importanza di come lo dioeva. Il modo era messaggio forse più del contenuto. No. Il modo era il contenuto. Questo, d'altro canto, gram­ maticalmen _ te era banale a un ,punto :tale da sembrarti quasi astratto, com� le cantilene con le qua1i i bambini s'esaltano prima del sonno, ripetendole sino alla risata. Diceva, per ,esempio, che ne aveva veramente abba­ stanza ,di Tipetere ogni giorno le ·stesse cose, di dire ogni giorno le st,esse cose, di ascoltare ogni giorno le stesse cose, di leggere ogni giorno le · stesse cose, di guardare ogni ,giorrno le stesse cose, di pensare ogni giorno le stesse cose, di t, emere ogni giorno le stesse cose, di cam­ minare ogni giorno per le stesse cose, di sognare ogni giorno le ,stesse cose e di lagnarsi, ogni giorno, delle ste : sse cose. Abbastanza! « Mi ci vuol , e una via d'uscita » diceva. Sì • sì. Ma tutto questo lo dioeva con una intensi­ tà che 1 sarpeva farti scordare il valore filologko ,della pa­ rola, che diventava strumento sonoro, onda densa d'ener­ gia e, purtroppo, di sincera, acuta disperazione. Raccol­ ta dentro quel corpo ·enorme la sua ·voce scorreva bas­ sa, fluida e solenne, :tale a un fiume notturno, rimugi­ nando lentamente ciò che forse rnon aveva mai capito o conosciuto. Una motte in cui eravamo un po' sbronzi, mi raccon­ tò una storia strana. Fu l'unica storia, io credo, che raccontò :in vita ,sua e quindi io fui forse l'unico testi­ mone. 185

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