Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

mente, lasciargli più spazio possibile, in maniera che potesse gonfiare il proprio petto comodamente, ruota­ re tranquillamente la propria coda piumata senza che questa incontrasse ostacoli ordinari o ostruzioni parti­ colairi. Mi feci piccino, piccino, per poter entrare ovun­ que. Attentissimo ad ogni suo desiderio. Dopo tre mesi circa che lavoravo nell'ufficio accanto al suo, avevo appreso a indovinare ogni suo capriccio, ogni suo desiderio. Se v'era un affare spinoso con la Direzione Generale di Milano, affare condotto magari dall'altra parte da un individuo che gli era ostile, io ve­ nivo a saperlo. Sia per via diretta, sia per altra... Il tra­ mite era, come sempre, una donna. Segretaria del suo staff. Non brutta, ma insigniificante; che lui non vedeva nemmeno in quanto · femmina. Essa s'era invece inna­ morata pericolosamente di lui e lo odiava. · Me ne resi conto quasi ,subito ed era stato un gioco da ragazzi tra­ scinarla dalla mia parte, senza eh'ella sospettasse mi­ nimamente d'essere utilizzata. Lè facevo la corte. Mi credeva innamorato. Aveva pietà di me... Io non avevo pietà di lei, nè del resto desideravo renderla infelice. Mi era del tutto indifferente, la sua sorte. Essa era uno strumento, semplicemente. Asciugato dallo scopo, non sentivo più nulla per _ nessuno. Ma sareste in errore credendo che ciò (questo stato dell'essere) fosse per me fonte ,di angoscia, un vivere soffrendo, perdendo equili­ brio o il senso della mia esistenza, o altro ancora di ne­ gativo. Mai mi sentii in ·vita mia più in forma, più felice, più padrone del m�o co:r;po come della mia mente; e quest'era aulica durò ,sino a pochi mesi fa... Sino a quan­ do l'ho incontrato, per la prima volta, nei corridoi del mio piano, a qualche metro dal mio ufficio. , Lui era già morto. Ed ero io ora il Direttore. Dice di chiamarsi Botta Giuseppe. Fih... persino il nome pare uno scherno, un insulto, una fine atroce... Ma adesso desidero tornare a lui. Cosa scrissero i 178