Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980
tendenza a dire che un dolore che scompare quando ·un «placebo» è somministrato non sia un dolore «reale». Ugualmente, poiché è possibile che uno yogi possa con la meditazione essere capace di provocare uno stato in cui si dà sfogo a questi oppiacei (nello stesso modo in cui egli può, con la meditazione trascendentale, . alte rare lo schema delle onde del suo cervello), è possibile anche che egli non abbia realmente dolore quando giace sul letto di chiodi; che questo non sia un caso di estre mo autocontrollo in presenza del dolore ma di una for ma di autocontrollo che conduce all'eliminazione del do lore o ad un'incapacità a sentirlo. Ma le persone non so no come gli oggetti inanimati e nella misura in cui essi sanno come gli altri li giudicano e . « 'leggono» le loro menti, possono deliberatamente cercare di nascondere le loro sensazioni. Ma è solamente sullo sfondo generale pubblico che questa forma di :privatezza mentale è possi bile. Il nascondere può non avere alcuno scopo se non c'è la possibilità di rivelazione ' della scoperta, e nella misura in cui questa forma di privatezza è il segno del- 1'autonomia del mentale, questa è un risultato dell'auto nomia generale dell'agente capace di azfoni intenzionali; un agente conscio sia di se stesso che della coscienza degli altri. Se, allora, un atto di asserzione è essenzialmente sog getto ad una valutazione critica indipendente di verità o di falsità, e se è la natura delle possibili fonti di critica che determina la significanza dell'atto, allora conoscere il significato di un enunciato all'indicativo implica sa pere sia quali sarebbero le ragioni per asserirlo sia di quale tipo di critica esso sarebbe suscettibile (che co sa lo mostrerebbe falso, sebbene asserito in modo giu stificabile). Se parte della compi:ensione della natura di un'asserzione è capire la responsabilità che uno ha nel giudicare gli altri, per ciò che si dice, allora saranno ragioni buone per l'asserzione quelle soggette il meno 144
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