Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

ra non ha senso dire che posso avere credenza o averne conoscenza. Le sensazioni non possono essere stati men­ tali che io osservo con il mio occhio interno. In questo caso, dire come mi sento non è dire qualcosa a cui può essere applicata la nozione di verità oggettiva perché non è questo ora il modello appropriato di accertamen­ to, ma dire come mi sento è esprimere cosa mi succede. Altri possono accertare la mia sincerità o veracità e così facendo accertare il valore di verità della loro de­ scrizione di come io sto. Qui posso dire se ho le parole giuste, sulla base delle reazioni dell'altro, reazioni ba­ sate su altri aspetti del mio comportamento e sulle loro asp�ttative circa il mio comportamento. L'informazione è data agli altri indessicalmente più che iconicamente ed è mediata da forme convenzionali di espressioni in­ dessicali. Questo significa che è possibile ingannare gli altri con l'uso di tali espressioni, ma non dire bugie per mezzo di esse. Comunque, un inganno efficace richiede la padronanza dell'uso complessivo, per esempio, di « dolore » nella lingua · (non solo il suo uso in prima per -= sona), perché richiede la conoscenza del tipo di criteri che gli altri impiegheranno per giudicare s� io realmente ho dolore o no. Devo conoscere quali sono i · loro criteri comportamentali se voglio procurare loro un'evidenza · sistematicamente sviante. Tutto il m�o comportamento deve essere conforme all'avere un dolore, non solo il mio comportamento verbale (altrimenti essi non mi prende­ ranno sul serio). In altre parole, l'uso in prima persona, sebbene non assertivo, non è, e non potrebbe essere, se­ manticamente isolato dagli usi in seconda e in terza per­ sona. (Si dovrebbe forse notare che vi sono casi in cui ha senso avere dubbi su come uno si sente - « voglio real­ mente... » - e laddove è così, posso fare scoperte riguar­ do alla mia sensazione applicando dei criteri a me, pra­ ticamente nello stesso modo in cui gli altri scoprono 140