Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

lori e il comportamento tipico del dolore in assenza di dolori» - Ammettere? Quale differenza potrebbe es­ sere maggiore?! - « Tuttavia ritorni sempre al risultato che la sensazione in se stessa non è nulla». Niente af­ fatto. Non è qualcosa, ma non è nemmeno nulla! Il ri­ sultato era soltanto che un nulla rende lo stesso servi­ zio di un qualcosa di cui non si possa dire niente. Non abbiamo fatto altro che respingere la grammatica che, in questo caso, ci si vuole imporre». Il paradosso scompare soltanto se rompiamo in mo­ do radicale con l'idea che il linguaggio funzioni sempre in un unico modo, serva sempre allo stesso scopo: trasmettere pensieri - siano questi pensieri intorno a case, al bene e al male, o a qualunque altra cosa. Il modello di oggetto e nome dovrebbe essere ab­ bandonato nel caso del discorso sulle sensazioni, come dovrebbe essere abbandonata la spiegazione in termi­ ni di condizioni di verità del significato degli enuncia­ ti perché è questa spiegazione che costringerebbe Wit­ tgenstein al comportamentismo. La concezione in termini di condizioni di verità del significato si presenta qui con un dilemma, il che è e­ sempio di una situazione più generale, poichè la conce­ zione si trova in difficoltà quando tratta l'attribuzione di ogni proprietà disposizionale. ' Ci si presenta sempre con una scelta tra le riduzioni del veicolo e dell'esercizio e nessuna delle due scelte soddisfa del tutto. Nel caso di dolore, o il suo aver male è il suo essere in qualche stato necessariamente inosservabile che è ca­ sualmente e perciò contingentemente correlato al suo comportamento di dolore (riduzione a veicolo), o il suo aver male è il suo comportarsi in un certo modo in certi tipi di condizioni (riduzione ad esercizio). Tuttavia, esat­ tamente lo stesso tipo di situazione sorgerà perfino per una proposizione (statement) tanto innocente quale « A è lungo n cm ». Nessuna misurazione che possiamo fare 137

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