Il piccolo Hans - VII - n. 27 - luglio-settembre 1980

connessioni ontologiche, necessarie o normative tra l'a­ vere un dolore e ogni tipo specifico di comportamento. - E' solo in questa circostanza ipotetica che un lin, guaggio che descrive le esperienze interiori di una · pe r ­ sona sarà ,un « linguaggio privatò » - cioè!: ·un linguag­ gio non comprensibile dagli altri (256) e la cui privatezza discende dalla stretta privatezza degli « oggetti » de­ scritti. Ma come potrebbe esistere una tale lingua? La sua stessa privatezza esclude la possibilità di essere in­ segnata o di essere usata per scopi di comunicazione. << 257. Allora non sarebbe possibile insegnare a un bam­ bino l'uso della parola « mal di denti». - Ebbene, sup­ poniamo che il bambino sia un genio e inventi da sé. un nome per questa - sensazione!...». In altre parole, noi supponiamo che il bambino inventi una lingua per sé allo stesso modo in cui Locke suppo­ se che noi in effetti diamo significati alle parole - in­ ventando un simbolo e attaccandolo come un'etichetta a un'idea. Comunque, la pretesa qui è che non abbiamo alcun problema nell'identificare e riconoscere le nostre idee - possiamo sempre dire quando abbiamo la stessa idea di nuovo. Ma è proprio questa assunzione che Wittgenstein pone in questione domandando che cosa è che noi stia­ mo supponendo quando supponiamo che il bambino in­ venta un nome per la sua sensazione. Egli chiede: « Ma allora che cosa vuol dire che ha 'dato un nome al suo dolore?'». Per sottolineare la difficoltà di dare contenuto a questa supposizione egli ci chiede di considerare il caso di un uomo che vuole registrare il ricorrere di una deter­ minata sensazione. A questo fine egli associa la sensa­ zione al segno « S ». Ammessa la supposizione che «.S » stia per una semplice sensazione e che le sensazioni non abbiano nessuna manife$tazione fisica caratteristica, nes­ suna definizione esplicita di « s » può essere formulata. 126

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