Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
portara (« dove so ch'ella mi porterebbe»). 12-4. « Perciò adunque non tollererei che altri mi portasse ,seco nei porti . - mi facesse raggiungere la meta - qualunque fosse costui, a portarmi; perché mi disporterebbe, mi terrebbe lungi, dal l'essere io [mei Pellegrini, forma pisana attestata altrimenti in L, corregge tei del codice, per cui cfr. VIII 73] portato, guidato, da lei». · · · Varrebbe forse la pena di dedicare un'analisi minu ziosa a questo testo, sulla scorta delle indicazioni e del modello fornitici da Roman Jakobson per la lettura di te sti di Dante, Du Bellay, Shakespeare, Baudelaire, ecc. Ma non èJ questo il luogo, anche perché si tratta di un metodo i cui risultati mal si prestano alla esposizione orale. Limitiamoci perciò ad alcune osservazioni, pertinenti - spero - al nostro discorso, e riguardanti perciò in maniera specifica l'impiego che vi si fa della rima: 1. Tutte le 14 rime sono forme del verbo «portare» o di suoi derivati. 2. Oltre alle rime a fine verso, troviamo, simmetri camente, 14 rime interne: otto di queste sono ancora forme verbali di �<portare» e derivati; sei, invece, sono rappresentate dai sostantivi «deporto», «porta» e «porto». L'intreccio tra verbi e sostantivi è sottolineato dalla rima equivoca «porto» (rifugio) e «io porto», con un «ponte di parole» analogo a quello ricordato da Freud (Psicopatologia della vita quotidiana, pp. 121 e 286) a proposito di un suo lapsus di' lettura che ha come chiave la parola Beforderung, che significa - curiosamente, in rapporto al nostro contesto - sia trasporto · che pro mozione. 3. Numerose sono le paranomasie (simiglianze di suoni) anche al cli fuori delle rime. Cosl nella prima quar tina «gioia/aggio/forgie. Nella seconda quartina non/ son/non. Nella · prima terzina eo/v'eo, nonché deporti/ opo, e infine, facendo eco con la solita dominanza di 76
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