Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

ha a che fare con la funzione troppo finora trascurata del contenuto manifesto del sogno, e se il sogno ci offre una conoscenza non solo di un desiderio riferibile al­ l'inconscio, ma dello stesso apparato psichico, allora pos­ siamo trarre delle conseguenze cliniche dal presuppo�to freudiano che la malattia non debba distruggere l'appa­ rato o aprirvi nuove scissure. Non possiamo non rilevare a questo punto come una visione generica, che è poi mistica, dell'inconscio, non sia innocua, ma abbia nella clinica effetti devastanti, perché invece di lavorare su ciò su cui lavorare è pos­ sibile, semplicemente compiace a un'irruzione e a una fissazione dei sistemi allucinatori, altera i presupposti di una nevrosi o di una psicosi, e tanto meno dell'allu­ cinazione riesoe a cogliere le diverse modalità e fun­ zioni. Diciamo infine che con questo convegno si precisano dunque per La Pratica Freudiana anche delle distanze e una posizione. Distanze ·storiche, di una linea freudiana rispetto a ciò che di junghiano insiste sull'asse orizzontale del­ l'apparato psichico in una direzione regressiva, inducen­ do un rovesciarsi all'indietro della mente umana verso una specie vagheggiata di « pozzo dei ricordi». Distanze attuali, riguardo al moto che è il pendant del precedente nel proiettarsi della mente in avanti verso un altro pozzo, dei desideri questa volta, letti come un flusso in libertà, come se niente fosse di c10 che invece appare in analisi di inibizione, sintomo, an­ goscia. Distanze, ovvie, anche, da una « sistemazione» della psicoanalisi che si ambienta nella lettura psicologica dell'apparato psichico. Una posizione, finalmente, che si propone una certa economia di discorso nel senso di valorizzare, accanto alle possibilità di parola aperte da un inconscio strut- 7

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