Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
Il Mosè è dunque addirittura costruito su quella particolare modalità di scambio che Freud ci ha segna lato nella storia dell'«uomo dei lupi» parlandoci dei processi inconsci. E' possibile il passag 0 gio del Mar Rosso, una transizione e quindi una successione che reggerà nei secoli la tradizione ebraica, non solo se un Mosè, figlio di leviti si è spostato in Egitto, adottato dalla casa reale: questo sarebbe un passaggio come quello segnato dall'ergo cartesiano: cogito ergo sum. Nel processo psichico inconscio il «passaggio» implica una contraddizione, che deriva dal fatto che non siamo qualcosa per qualcuno, ma che un significante ci rap presenta presso un altro significante. Allora, «Mosè era egizio». In questo modo, Mosè diviene per gli ebrei il luogo dove essi possono «significare qualcosa». «Se Mosè era egizio», titolo del secondo saggio, sottraendoci il corrispettivo di realtà, consente che, attraverso il si gnificante, qualcosa della verità ci raggiunga. Ed è an cora la verità quale si era configurata nella discussione a proposito della scena primaria nel caso dell'«uomo dei lupi», dove anche l'ipotesi di una conoscenza attra verso la «teoria», cioè l'aver osservato un coito tra ani mali, è contradditoria solo nel nuovo specifico modo che andiamo illustrando. Il rapportarsi alla «verità storica», infatti, dopo aver messo in discussione l'origine del nome Mosè, che può essere sia ebraica che egiziana, mette in gioco il romanzo .familiare, come Freud ha chiamato quell'in sieme di fantasie che costruisce accanto alla propria fa miglia, che viene considerata adottiva, una famiglia «vera», molto più nobile, in cui il bambino sarebbe . nato. Anche a questo riguardo (non mi sono soffermata sullo scambio delle caratteristiche di Dio nelle due tra dizioni rispetto al formarsi della nuova religione mono teistica), la storia di Mosè presenta subito una con- 150
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