Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
designato a rappresentare una « soggettività » ( è vero perché lo penso). « Qui mì permetto di far osservare che nella lette ratura psicoana�itica d'oggigiorno le confutazioni vengo no di norma confezionate secondo il principio della pars pro toto. Da un insieme assai articolato e comples so si isola una parte dei fattori che in esso operano, la si proclama l'unica verità e in suo nome si ripudia tutto il resto e l'insieme stesso. Se si esamina da vicino a quale gruppo di fattori viene attribuito questo privi legio ci si accorge che è il gruppo che contiene elementi già noti per altro verso, o che a elementi di tal genere potrebbe più facilmente esser ricondotto. Così nel caso di Jung si tratta dell'attualità e della regressione, in quello di Adler dei motivi egoistici. Viene scartato e rigettato come errore proprio ciò che la psicoanalisi contiene di nuovo, proprio ciò che le è peculiare. E' questa la via più facile per respingere le offensive rivo luzionarie dell'importuna psicoanalisi » (Dalla storia di una nevrosi infantile (caso clinico dell'uomo dei lupi) 1914, in Opere, Boringhieri, VII, pp. 528-529). Tra quanto da un lato gli veniva opposto, e cioè che il fattore infantile non fosse poi così determinante poi ché le scene infantili che emergono in analisi « non solo sono fantasie del malato, ma fantasie . dell'analista che le impone al malato», e quanto dall'altro egli stesso _ aveva avanzato in un primo momento, e cioè che tali scene corrispondessero in tutto e per tutto alla realtà, Freud avanza un'ipotesi che è appunto « ciò che la psi coanalisi contiene di nuovo, proprio ciò che le è pm peculiare». E cioè la contradditorietà che tali scene rappresentano nel discorso che tiene il soggetto. Per quello che riguarda il caso dell'uomo dei lupi, Freud sembra portato dapprima a ritenere che la « scena primaria» corrisponda alla realtà: « Non posso negare che la scena con Gru�a... e le conseguenze che ne risul- 143
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