Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

deve essere disturbato, guai se qualcuno si affaccia all'im­ boccatura a guardarlo, a parlargli...) quanto alla parola usa­ ta, al superlativo «ultissimo». Quasi istintivamente vi rico­ noscerei una specie di contrazione dello standard espressivo ultima Thule, se potessi pensare probabile che l'abbia preso a volo in una conversazione. E comunque, mi viene in mente che « ultimus» non significa solo ciò che è estremo, remoto, ma anche il più triste, il peggiore, quello che sta al più bas­ so grado: come nel greco foxa:toç-, 't'<Ì foxcx.'t'ct. 7tct.1'>Ei:v, patire il peggio, la morte. Ma non debbo dimenticare che questa minima catabasi al più remoto, al Sottoterra, è stata accompagnata, per boc­ ca dell'interessato, dalla dichiarazione di una finalità che sa­ rà dunque primaria all'atto: « vado a cercare un indizio». Nell'estremo all'Ingiù si colloca pertanto, devo dedurne, un sapere, sapere geloso se difatti nessuno può affacciarsi all'in­ gresso del cunicolo. In una breve nota (Associazioni di un bambino di quattro anni), pubblicata nel 1920, Freud ripor­ tando appunto la catena di associazioni di una bambina a proposito di un matrimonio e della nascita dei figli, sotto­ linea la sostituzione simbolica della Terra alla madre natu­ rale («quando qualcuno si sposa arriva sempre un bambi­ no» � « so che gli altri crescono nel terreno... ». La pene­ trazione del « sottotappeto», ovviamente sostitutivo del grem­ bo della terra, si pone sulla stessa linea? Mi sembra tutto troppo «facile», d'accattò: così, invece di andar giù, si resta in superficie. E l'«ultissimo» e il « pau­ roso»? Ricordo che da ragazzo - come quasi tutti i ragazzi, del resto, io credo - provavo un piacere straordinario ad infilarmi sotto le coltri di un letto appena fatto, testa in avanti, fino ad urtare nel mondo cieco della rimboccatura, dove il lenzuolo si ripiega sotto il materasso. In quel pia­ cere, a potenziarlo, entrava una componente di sbigottimen­ to, di angoscia che non era certo · dovuta al buio o al soffo­ camento. Di colpo credo di capire che qùel piacere · com­ plesso, meglio quel godimento, veniva proprio dal giungere a un bordo, dove lo spazio minimo ma preciso di un canale o budello si arrotolava su se stesso. Allora e ora, è la strut­ turazione di una rudimentale topologia? Quella copertura leg­ gera che, arrivata al fondo del letto, si rimboccava, invertiva cammino, tornava indietro, ma più sotto, in un punto ir­ raggiungibile all'esploratore infantile, disegna un tragitto si­ mile al circuito della pulsione parziale che decora una pa­ gina dei seminari di Lacan: « atteindre sa satisfaction sans atteindre son but» (Sem. XI, pag. 163). Che cosa c'era di seducente in fondo alle coperte? · Per caso --, se è caso -, m'imbatto negli stessi giorni in 135

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