Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
. del diverso per riconoscerlo. Perché l'imperativo fonda mentale riguarda la corroborazione e la costruzione inin terrotta dell'identità, della ripetizione, della permanen za, della stabilità, dell'invarianza. Minaccia e pericolo vengono appunto dal cambia mento: viene da pensare a un'espressione del giovane Engels per cui politica e religione sono sempre associa te alla paura. Conosciamo da tempo le vie d'uscita, i modi per far uscire la mosca dalla bottiglia: o si dice che il mutamento è «apparente» (Parmenide) o che esso è la condizione naturale (Eraclito). ,I salti e le frat ture vengono in entrambi i casi «riempiti». Il tappabu chi è all'opera. Il caso è come esorcizzato perché diventa un'occasione, una condizione di contorno per il perma nere dell'identit.à. Per la ripetizione, non per la diffe. renza. Tutto questo modo di parlare evoca i problemi del tempo e dei modi con cui appunto ne parliamo. La dif ferenza appartiene certo all'evento. A ciò che accade. Ma è, sembra, insopportabile per il nostro modo di par lare o, per dirla epicamente, per il logos. Per questo credo che i nostri modi di parlare del .rp.utamento siano per lo più caratterizzati dall'enfasi posta sulla ripetizione piuttosto che sulla differenza. Viene in mente un esempio paradossale, in «gran de · », questa volta. Uno dei modelli più familiari di mu tamento è quello che riguarda, com'è noto, le società umane e in particolare le forme del potere. Il quinto li bro della Politica di Aristotele parla della µE-.cx.�oÀ'r) e della àvcx.xuxÀw<nç. E' il tema della rivoluzione: . sappia mo che l'accento batte sul ri, sulla ripetizione. Del re sto, l'idea astronomica e geometrica, e anche astrologi ca, che sta alla base del De revolutionibus (ruotare intor no a · un asse, fare un giro e tornare al punto di partenza) legittima, nella permanenza-regolarità di questo muta mento, il nuovo con il vecchio. 130
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