Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
vono essere degli ostacoli, delle resistenze). E' in que sti casi che il come e il perché (nel senso causale e te leologico, insieme) si intersecano e si fondono. Prende corpo l'idea che il mutamento è l'esplicitazione di ciò che èJ implicito: è come l'effetto dell'esplicarsi di vir tualità a contatto con condizioni e · contigenze, ma entro un programma e un qualche quadro teleologico. Pensiamo a vari casi cui possono alludere queste frasi: « Ho fatto così perché non potevo fare in altro modo. Tu l'avresti fatto, non io » ; « Ora la cosa la vedo così. Prima pensavo in modo diverso. Ma poi mi · sono impigliato. Prima era come se non avessi capito qual era il mio problema. Infatti mi comportavo · così e così... » ; « Pensa come sarebbero andate le cose se non ti avessi incontrato. Tutto sarebbe stato diverso. Però, a pensarci bene, era come inevitabile che ti incontrassi perché... »; « Il punto era ·questo. Ora l'ho capito. Ma non potevo vederlo. Dovevo fare tutto questo giro per capirlo... » . Questi modi di raccontare una storia sono anche modi di « rifare » il mondo. Assomigliano U!?- po' alle rico struzioni razionali di Lakatos. Nel senso che sono cer tamente degli artefatti e dicono come le cose sarebbero potute andare. 5.5. Sappiamo che una delle grammatiche più usuali del mutamento è quella per cui una storia è uno · svi luppo di un programma già dato; è già scritta e, in assenza di errori del resto rari di traduzione o trascri zione, non ci sono sorprese. La discontinuità, la rottura, la frattura, il buco, il vuoto, l'incommensurabilità, l'in traducibilità: tutte queste cose sono avvertite come disvalori, come scacchi, come rischio eccessivo, come pericolo o anche come nemico. E' come se un sistema o un individuo fossero troppo impegnati e mobilitati a fronteggiare i disturbi del caso, della contingenza o 129
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