Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

verso il piacere c'è il desiderio, il desiderio non di un piacere particolare, ma del piacere. Questa indetermina­ tezza e totalità fa permanere lo scarto tra il desiderio e il piacere, fa del desiderio un impulso senza risposta, ma un impulso corporeo, «materiale», coincidente, co­ me il pensiero, con l'esistenza stessa: «conseguito un piacere, l'anima non cessa di desiderare il piacere, co­ me non cessa mai di pensare, perché il pensiero e il de­ siderio del piacere sono due operazioni egualmente continue e inseparabili dalla sua esistenza» (Zib., 183, luglio 1820). Il desiderio leopardiano è una « tenden­ za», e, perché « ingenita o congenita coll'esistenza», non si placa «in questo o quel piacere», «ma solamente termina con la vita». Questo 'spingersi avanti' sulla scena della morte è il movimento che Freud leggerà nella poesia di Goethe e che utilizzerà come annuncio di quella ricerca che guarda al di là del principio del piacere. Il leopardiano « stato di desiderio» è una condizione vuota, ed è l'anello che congiunge 'materialmente', bio­ logicamente, la pena dell'uomo alla « soufìfrance» del mondo animale e vegetale, alla « souffrance» dell'uni­ verso. Leopardi è preoccupato di difendere la sua ri­ flessione sul « desiderio illimitato» e sulla sua incol­ mabilità da possibili esiti spiritualisti, da probabili let­ ture apologetiche, e per questo circonda il desiderio di designazioni come corporale, materiale, terrestre: la teologia leopardiana, che ha un'esplicita connotazione gnostica e un forte impianto su fonti patristiche, è il campo teorico che alimenta l'ateismo del poeta ed è evocata per quel che può dire della congiunzione tra pensiero religioso e pensiero negativo. All'esperienza dello scacco non resta che opporre il « riposo dal desiderio». Il «riposo dal desiderio», nel quale ritorna l'epicurea « indipendenza dai desideri», è la sola forma di sopravvivenza . in questo « ristagno del- 111

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