Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980
suppone alcuna distanza temporale tra la presenza d'un oggetto e l'attenzione ad esso in sua assenza. La rapi dità e vivacità delle · « liaisons» che presiedono a queste operazioni sono la causa dei sogni e della follia. Ma non è su questo eccesso che conducono le pagine di Con dillac, bensì verso le fondazioni d'una topica del corpo come semiologia, verso il riporto delle domande sul soggetto nel teatro d'una scienza del linguaggio (cfr. la rilettura - introdurre come sedurre - dell'Essai con dotta da J. Derrida nel saggio premesso alla sua rie dizione: L'archéologie du frivole). Nelle settecentesche riflessioni sul gusto - che han no il loro « parco centrale» nelle tre voci gusto dell'En cyclopédie, firmate da Montesquieu, Voltaire, D'Alem bert -, nelle effusive escursioni su « le bonheur», nel tracciato d'una economia politica della moda e del lus so, nei progetti d'una « pubblica felicità» che assediano gli intellettuali riformatori, la meditazione sul piacere cerca la via rassicurante e pubblica della teoria, ma lungo il cammino si depositano frammenti d'analisi che resistono ad ogni riduzione disciplinare. Leopardi inter rogherà con assidua passione e con infinita curiosità questi frammenti, e li ricondurrà nella . casa del nichi lismo. Ciò che dell'illuminismo ha resistito allo slancio ottimistico e al disciplinarsi nell'ordine di una ratio progressiva è da Leopardi ripreso: non per una nuova ricomposizione, ma per riportarlo sulla scena della morte del senso. . La meditazione sul piacere incontra la domanda sul la memoria: da una parte questa domanda rifluisce nelle folte annotazioni sulla assuefaziJone, sul « tutto è esercizio»; dall'altra, proprio laddove essa s'annoda al piacere e alla poesia, muta nome, quasi a farsi ricono scere, e diventa ricordanza. La leopardiana meditazione sul piacere, diffusa in tutto l'arco dello Zibaldone, muo ve da un presupposto: alla radice di ogni movimento 110
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