Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

il porre la dentiera sul tavolino da notte. Qualcosa che, dunque, segna la ripetizione. Se per i contributi specificamente dedicati alla scrit­ tura e alla lingua, possiamo anticipare che già nell'ac­ cezione più banale la penna è una protesi, nella misura che la sua traccia prolunga e suscita la fonte del pen­ siero, nella misura in cui potenzia una facoltà o ne sop­ perisce alla mancanza, per quello che riguarda la teoria e la clinica psicoanalitica, protesi è una nozione ancora da inventare, cioè da �< invenire », .da trovare e da ela­ borare, da riprendere là dove Freud l'ha gettata, per provarne l'attività nella ripetizione, sperimentandone il funzionamento e come punto di teoria, in quanto riten­ go sia possibile avanzare una connotazione della psicoa­ nalisi attraverso questa funzione, e come elemento da rilevare nella clinica, soprattutto in quei casi in cui poco più di. una posizione viene portata in analisi, come av­ viene in taluni casi gravi di fobia (è lo vedremo ad aprile), e quando una struttura quasi psicotica porta a galla ciò che la rimozione e il lavoro dell'elaborazione secondaria di solito ombreggiano, e cioè l'inconscio. Che cosa è una protesi? Ecco una domanda alla quale tutti i contributi in cui state per imbattervi sono, in qual­ che modo, chiamati a rispondere, anche se non diret­ tamente, perché questa « funzione » nascosta da Freud nel Notes magico, è forse sempre presente ogni qual volta si parli di ripetizione e di apparato psichico, ma anche ogni qual volta il discorso cerchi il suo oggetto. Virginia Pinzi Ghisi 11

RkJQdWJsaXNoZXIy