Il piccolo Hans - anno VII - n.26 - aprile-giugno 1980

intravvedere, nella notte dei sensi, nella morte del sen­ so, la «possibilità della svolta». Il pensiero della poesia non dorme soltanto sotto i versi, non coincide con ùna recinzione formale, la sua disciplina non ribatte gli statuti di un sapere discipli­ nato: come eros, è sospeso tra sapienza e ignoranza, in esso rrzythos e logos non entrano in conflitto. Memoria, oblio, ripetizione, piacere, morte, non sono temi del pensiero poetante, sono il suo respiro, la con­ dizione di una ininterrotta meditazione sul perché del mondo, che sogna di liberare la metafisica dagli esiti di dominio, trasformandola in una sfida al linguaggio, in una esperienza di ciò che sui sentieri del linguaggio si frantuma, si sottrae, si perde. Esperienza di ciò che nel linguaggio non è dicibile se non come approssima­ zione, definizione del vuoto, designazione del negativo. Il teatro della ripetizione: · simbolizzazione • dell'as­ senza, esperienza della separazione e sua trascrizione simbolica nel linguaggio, pulsione verso il ritorno alla terra, alla terra-madre, attraverso la «intensione» di vita: il Fort-Da del bambino freudiano racconta l'av­ ventura scritta nella poesia, come la figura di Narciso e il suo desiderio sorridono dietro la catena di imma­ gini che fa del canto del poeta, sempre, il canto del cigno, l'ultimo canto. Richiamando (al luogo della scrittura) testi da cui, a mia volta, farmi interrogare, mi si è disegnata una sorta di progressiva misurazione, la designazione di una serie di distanze, annunci, contaminazioni: remini­ scenza e ripetizione, memoria e ripetizione, ripresa ' e ripeti _ zione, ricordanza e ripetizione. Paragrafi di un probabile trattatello. Impulso didattico e o�sequio alla centralità delle figure analitiche potevano acquietarsi: ma forse a scapito di quella frammentarietà che · può fare della critica un'irrisolta ricerca. Tento dunque un altro percorso. 101

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